Descrizione
Nelle campagne romagnole anticlericali, storicamente divise fra mezzadri repubblicani (prevalenti a Forlì e a Cesena) e braccianti socialisti (prevalenti a Ravenna), Faenza rappresentava, ancora all’inizio del ‘900, un’isola di antica e forte devozione al clero, rinnovata tuttavia da prime esperienze associative e da primi nuclei di un cattolicesimo modernista e democratico.
Dopo la prima guerra mondiale, il mondo politico faentino si esprimeva sostanzialmente nell’estremismo filo-bolscevico dei socialisti, nella determinazione dei cattolici a presentarsi con una formazione propria e nell’irruzione sulla scena politica del fasci- smo: un movimento di forte richiamo nazionale e patriottico, di confuso anelito alla rigenerazione sociale e allo stesso tempo di irriducibile contrapposizione al disordine sociale e rivoluzionario.
Nelle elezioni del 1921 i socialisti ottennero 1.665 voti, i comunisti 198, i repubblicani 1.112, il Blocco nazionale di liberali, democratici e fascisti appena 567 e i popolari stravinsero con 3.386 voti, conquistando, sulla base delle legge elettorale di allora, i 4/5 dei seggi.
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